Piano strategico e città metropolitana. Qualche spunto di riflessione sul futuro di Bologna

Intervento di Giuseppina Gualtieri - 4 febbraio 2013

La ricchezza di contributi sul futuro del nostro territorio collegati al piano strategico credo sia la dimostrazione del tanto impegno e del tanto interesse suscitato.  Il lavoro che si è portato avanti nell’ultimo anno arriva a convergere con il percorso della città metropolitana, un fatto importante che consentirà di fare sinergia fra i temi, principalmente  politico amministrativi del nuovo ente e la visione del futuro sociale ed economico del territorio.  Sono tanti i documenti prodotti  e tanti i campi di interesse.  Conscia della parzialità del mio contributo, vorrei qui portare alcune riflessioni che scaturiscono anche dall’esperienza di lavoro fatta a Bologna negli anni passati.

Una prima consapevolezza, in realtà non si parte mai da capo: i temi ricorrono e proprio per questo ritengo importante che, guardando avanti e a nuove sfide, si faccia tesoro della storia e di quello che meglio esprime oggi il nostro territorio, facendo attenzione a non confondere impegni e strategie future con le semplici mode (anni fa new economy, poi creative economy, poi green economy  oggi smart cities). Dobbiamo cercare la nostra identità e immaginare che possa durare nel tempo.  Il tema trasversale in un obiettivo di sviluppo del territorio è per me quello della città metropolitana  internazionale, che sfrutta la storia e gli aspetti sociali, culturali ed economici locali come leve per  essere uno dei più importanti centri di riferimento internazionali del nostro paese,  puntando sui progetti di  investimento materiali ed immateriali necessari .      

  • Quello di Bologna è un territorio che anche dopo la creazione della città metropolitana avrà meno di un milione di abitanti; dunque una piccola città se confrontata con altre aree metropolitane, che, per le sue possibilità di sviluppo, dovrà puntare non sull’attuale volano dimensionale,  ma su altri fattori.  Come ho avuto modo di scrivere anche anni fa, quando si iniziò a parlare in altri contesti di piani strategici, siamo una città che ha un patrimonio logistico, economico e culturale che va oltre le sue dimensioni demografiche ed è su queste leve che si deve puntare per ricercare una crescita di abitanti e di attività economiche altrimenti non raggiungibile. 
  • Siamo il perno logistico che collega l’Italia del nord con il resto del paese; abbiamo ritardi infrastrutturali, ma siamo comunque un nodo autostradale, ferroviario e con connessioni aeree internazionali incomparabili, se si considera, appunto, il bacino di abitanti. Per questo non credo sia difficile convergere sul fatto che per il suo futuro Bologna debba scommettere su questo posizionamento, impegnandosi nella sostenibilità economica ed ambientale delle sue azioni, ma  con la consapevolezza che se si perdesse questa centralità e quest’identità molti altri fattori competitivi ne sarebbero danneggiati significativamente.
  • Un altro asset fondamentale per Bologna è il sapere: Il sistema universitario e scolastico sono il perno e la linfa vitale di un territorio che vuole investire in conoscenza, nella ricerca e che vuole crescere con i giovani ed essere aperto al mondo. E’ vero che l’Università è stata spesso chiusa in se stessa, e che allo stesso tempo la città ha individualmente “patrimonializzato” la ricchezza culturale ed economica degli studenti e dei docenti, ma da tempo si è iniziato a lavorare in modo diverso. A mio avviso si tratta di investire di più per dare piena consapevolezza sull’importanza che la nostra città sia identificata come un tutt’uno con l’Università per il portato innovativo che essa è in grado di produrre,  e come laboratorio ed esperienza della qualità del vivere e dello studiare in un contesto dove lo studente è cittadino a pieno titolo con diritti e doveri.
  • Il nostro territorio è un’importante area industriale che non deve perdere la sua vocazione, a partire dalle imprese esistenti e da quel sistema che sta continuando ad investire consentendo il mantenimento di una ricchezza economica e professionale indispensabile per il futuro non solo di Bologna, ma dell’intero territorio regionale. Non è facile e, forse, proprio in occasione della definizione del piano strategico e della nascita della città metropolitana servirebbe un “patto per lo sviluppo” non come classico rito di concertazione fine a se stesso, ma come reale valutazione delle azioni condivise e possibili per il territorio. E’ a mio avviso un tema ineludibile che viene prima di ogni azione di attrazione di nuovi investimenti. “STAY HERE” era uno dei progetti che molte aree avanzate hanno messo in campo per tentare di rafforzare e dare opzioni di sviluppo al sistema industriale esistente. Ho sempre sostenuto che sarebbe un’iniziativa da studiare anche per Bologna in ottica metropolitana, partendo proprio da un lavoro di stretta collaborazione con le imprese del territorio, quelle locali e quelle a controllo esterno.
  • In questo periodo vedo ritornare l’attenzione ai temi dell’attrazione degli investimenti. Nel 2007 con PromoBologna avevamo  portato  in città  il World Forum sugli Investimenti Esteri Diretti, da lì partì un lavoro che negli anni successivi condusse a linee guida mirate e a proposte di azione. Forse la crisi non ancora conclamata, l’allora basso tasso di disoccupazione e l’emergere di altre priorità territoriali hanno portato a stoppare ogni iniziativa in merito. In tanti hanno pensato che bastava avere aree o edifici industriali e qualcuno con la valigetta per venderle; altri hanno pensato che la tematica di attrazione dovesse essere in realtà un business tutto privato e non delegabile; altri ancora hanno confuso tutto questo come occasione personale di contatto con qualche operatore, o come semplice operazione di comunicazione. Non è così.  Il passato è passato, quello che conta a mio avviso è che, se si vorrà lavorare davvero su questi temi per il futuro richiamando un impegno di policy e non con azioni sporadiche legate a specifici business, è utile partire dalla valutazione del contesto internazionale attuale, da ciò che si può o non si può fare in un territorio come quello di Bologna in questo specifico periodo storico ed economico, consapevoli che oggi gli investimenti esteri avvengono in Europa sempre più spesso per il tramite di acquisizioni di altre imprese.  Dobbiamo essere consapevoli che è necessario costruire progetti  mirati e, come si usa dire da tempo,  integrati; serve il supporto di analisi di fattibilità economiche approfondite e non solo urbanistiche, e la consapevolezza che la comunicazione è lo strumento finale di una precisa strategia, e non la base di partenza. Serve aprirsi al mondo ed esprimere precise strategie che richiedono anche il coraggio di fare delle scelte mirate.
  • In questo contesto Bologna deve, a mio avviso, accrescere il posizionamento di città terziaria, quel terziario che supporta le filiere produttive e della qualità della vita e che potrebbe essere anche polo attrattivo di nuove attività su cui vale la pena di lavorare. E’ un’opzione seria di sviluppo che ritengo Bologna debba comunque affrontare in modo determinato anche per contrastare possibili criticità. È, infatti, evidente che la competizione fra aree esiste nella realtà e non solo nei libri, che le innovazioni e le interconnessioni, ad esempio rispetto alle tecnologie di comunicazione e alle infrastrutture dell’alta velocità ferroviaria, presentano per la nostra città un’opportunità, ma anche il forte rischio di farla diventare area satellite di bacini maggiormente attrattivi per le loro stesse dimensioni, mi riferisco in modo particolare a Milano. E’ vero che in tanti stanno impegnandosi ed investendo sul posizionamento di Bologna terziaria; ma, proprio in un’ottica di piano strategico, credo  sarebbe importante compiere un’analisi  approfondita inerente gli scenari di impatto dell’alta velocità sul territorio a cui collegare specifiche azioni sia per prevenire i rischi connessi all’attrattività di poli esterni che per selezionare politiche integrate che valorizzino possibili punti di forza territoriali. Non credo  esista un uno studio analitico di questo tipo.            
  • Bologna è città creativa da sempre e non daquando è diventato di moda parlarne. In tanti ne scrivono autorevolmente, per parte mia guardo al settore dal punto di vista “industriale” e non solo culturale. In quest’ottica, credo si debba decidere su quali leve investire per valorizzare e mantenere un posizionamento importante che contribuisce a creare ricchezza intellettuale  ed economica.  Se è vero che si deve operare per dare continuità e spazio alla creatività e all’iniziativa dei singoli, è anche vero che la competizione fra territori, ormai fortissima anche a livello nazionale, impone investimenti selettivi ed azioni mirate. Il grande lavoro sul campo svolto con PromoBologna negli anni scorsi aveva portato all’opzione di partire dalla filiera della musica e da quella del cinema portando a sistema un mondo molto, forse troppo, frammentato con l’obiettivo di  valorizzare, difendere e non disperdere quello che oggi  abbiamo e che in tanti anche all’estero ci invidiano. 
  • Condivido che per Bologna ci sia la necessità di investire in un ruolo nuovo di città d’arte e di cultura come attrazione turistica non solo legata al business. Ho sempre pensato che per portare a sintesi progetti e soggetti in ottica turistica e di identità territoriale sarebbe utile un vero a proprio piano strategico di settore, che alla sintesi e alla qualificazione del tanto che il nostro territorio offre, accompagni azioni integrate e condivise sul rafforzamento della domanda sia a livello nazionale che internazionale. Un lavoro in tal senso era stato avviato negli anni scorsi con il Progetto di Convention & Visistor Bureau per Bologna, molto altro è stato fatto in questi anni da parte di diversi soggetti, ma sono convinta che se non si farà uno sforzo di sistema non si avrà la necessaria condivisione delle scelte da fare e la massa critica sufficiente per muoversi all’estero e per cogliere opportunità e tentare nuove sfide.
  • Ci sono tanti altri temi importanti, in particolare quello del welfare, che è fondamentale non solo per la qualità della vita dei cittadini, ma anche per la valutazione di scelte localizzative di investimento. Forse è utile dedicare a questo tema molto più tempo di quanto fatto fino ad ora: c’è infatti troppa frammentazione delle conoscenze  ed il welfare è troppo spesso trattato solo come tema sociale e come questione relativa ai  servizi  e ai loro costi. Nel campo della sanità, che non è solo servizio per il cittadino, ma filiera sempre più importante per lo sviluppo economico e per la ricerca, esistono possibilità di investimenti nel settore terziario, industriale e della ricerca anche privata; ma ciò avverrà solo se continueremo ad essere un mercato interessante per gli operatori e se si continuerà ad investire nella filiera della salute dalla ricerca, alla competenza medica, ai comparti industriali ai servizi qualificati; la sfida è anche quella di  riuscire a sperimentare quella relazione sinergica fra università, ricerca pubblica e privata di cui si parla da tempo, una sfida difficilissima,  soprattutto ora che i tagli alla ricerca e alla sanità sono fatti reali e non solo annunciati.
  • Infine, vista la mia esperienza professionale attuale, credo sia utile terminare con un riferimento alle infrastrutture di trasporto. Che le infrastrutture siano la base di qualunque progetto territoriale di sviluppo è cosa nota ed è indicato da tante analisi ed evidenze empiriche. Del ruolo centrale di Bologna ho già scritto. E’ vero che abbiamo ritardi importanti, ma è vero anche che sul nodo di Bologna sono stati fatti fondamentali e rilevanti investimenti,  sia nelle rete viaria che in quella ferroviaria, che dovrebbero essere valorizzati e non sminuiti. In tanti avremmo forse voluto qualcosa di diverso per questo nostro territorio, ma dobbiamo stare alla realtà dell’oggi guardando al futuro. In quest’ottica sono convinta che il Passante Nord sia un’infrastruttura davvero rilevante; date le criticità ritengo che servirebbe una mobilitazione fortissima a tutti i livelli e in tutte le sedi, in una rinnovata evidente esigenza che scaturisce proprio dalla costituenda città metropolitana e dall’importanza che il territorio possa governare le scelte strategiche infrastrutturali che lo riguardano.  Siamo tutti consapevoli che, oltre alle opinioni di cittadini contrari a nuove infrastrutture che legittimamente rappresentano le loro ragioni, oltre alla ragionevole attenzione alle regole della concorrenza, esistono forze che vorrebbero utilizzare  quelle risorse o parte di esse  per altri investimenti e magari per altre aree geografiche, che altri territori della regione non hanno motivo di interesse profondo  a sostenere questo progetto seppur di rilevanza nazionale. Una grande attenzione deve essere a  mio avviso prestata all’aeroporto;  in questo sono forse di parte, mi sono battuta affinché l’aeroporto potesse essere sempre  più una società protagonista del suo sviluppo e rappresentare una infrastruttura  volano di crescita del territorio all’interno delle necessarie compatibilità ambientali, la porta di collegamento con il mondo globalizzato, simbolo della città internazionale, con  un ruolo cruciale per supportare turismo, business e globalità delle relazioni culturali. E’ un obiettivo che non dovrebbe essere sottovalutato quando si prenderanno decisioni sul futuro anche in termini di assetti proprietari che certo si porranno se si vorrà proseguire nei piani di investimento programmati nel piano industriale e considerando i processi in atto in gran parte del sistema aeroportuale italiano. E’ nella chiave di lettura dell’intermodalità fra alta velocità e aeroporto internazionale che va letto  il progetto del People Mover, nato non come risposta ad esigenze di mobilità cittadina, ma come infrastruttura utile allo sviluppo del territorio e a supportare la capacità attrattiva di Bologna in ottica internazionale.  Questa è la sostanza di quel progetto a prescindere dalle  criticità operative purtroppo oggi attualmente  in essere.  L’auspicio è che si possa lavorare nel merito delle questioni, senza ombre o strumentalizzazioni, andando a fondo dei vari problemi sorti.

Per ciò che riguarda la mobilità nel territorio ed il desiderio di avere una infrastruttura metropolitana credo si debba prendere atto della realtà: il progetto del metrò non è mai stato un progetto integrato, completo ed economicamente sostenibile; quindi è giusto,  come già è stato per tante altre città europee delle dimensioni di Bologna, puntare a sistemi diversi. Avere costruito un progetto che integra “ferro e gomma” (filovia e servizio ferroviario metropolitano) che si sforza di cercare intermodalità vera in un territorio complesso fatto di tanti centri che dovranno sempre più far parte di un unico insieme, salvando il positivo e le identità dei nostri territori e aver lavorato per ottenere risorse finanziarie fondamentali per la futura mobilità pubblica della città metropolitana non è cosa di poco conto, a maggior ragione in questa fase di crisi e di scarsità di risorse.  Io sono solo un tecnico che ha potuto vedere in diretta quanto impegno sia servito e serva anche oggi, quanta determinazione e quanto lavoro di squadra sia necessario fra le istituzioni Comune di Bologna, Provincia e  Regione; quanto impegno di Tper per realizzare le parti tecniche e progettuali.  Fondamentale è la disponibilità di tutti i soggetti, aziende ed enti,  che hanno dovuto aderire al percorso della conferenza dei servizi con  tempi imposti da altri. E’ fin qui un risultato che credo non vada sottovalutato per la portata economica e progettuale e quale  esempio di come si possa lavorare insieme per raggiungere  obiettivi concreti.  Ora bisogna fare in modo che il progetto  diventi realtà operativa in tempi rapidi, nonostante le criticità burocratiche nazionali sempre in agguato e il tentativo sempre presente di ridurre le risorse disponibili in tutti i progetti finanziati a livello nazionale.

In generale,  le istituzioni e le associazioni economiche sono consapevoli della necessità di esaminare a fondo i progetti e la loro fattibilità in un’ottica di interventi integrati e di reale sostenibilità economica. Serve un approccio territoriale in cui l’urbanistica e la filiera del costruire diventano campi fondamentali al servizio delle strategie generali e di una visione lungimirante sul territorio, e non viceversa come purtroppo è avvenuto in tante città in Italia e nel mondo, soprattutto  nel decennio scorso. So bene che le fattibilità economiche e le analisi “costi-benefici” non sono patrimonio culturale del nostro paese, ma la crisi mondiale e quella di tante imprese ci stanno mostrando la necessità di operare in modo sistemico e diverso. Si tratta di un percorso ormai ineluttabile, anche per evitare il rischio che tante idee progettuali rimangano sulla carta o si blocchino perché non sostenibili; sarebbe qualificante per il nostro territorio se la nascita della città metropolitana rappresentasse l’inizio anche di questo modo di operare.

Tutti i temi citati non sono ovviamente di solo interesse dell’amministrazione o dei soggetti pubblici, sono materie delicate che riguardano tutti gli operatori economici e l’intero nostro territorio e che richiamano  la necessità di affrontare quanto prima  ed in ottica europea anche il nodo dei rapporti pubblico-privato e degli strumenti che il territorio può mettere in campo. Non c’è dubbio alcuno che l’attuale fase economica e di regole competitive impongono di rivedere la storica esperienza del rapporto pubblico-privato nei vari campi dell’economia. Anche su questo punto sarebbe utile mettere a fattor comune competenze ed esperienze, positive e negative, allo scopo di identificare, per il futuro, il contesto in cui si andrà ad operare anche per evitare il rischio, purtroppo non infrequente, di continui blocchi o per veti incrociati o per criticità finanziarie e  normative reali o strumentali.

A rischio di apparire retorica e banale, credo che sia utile ribadire l’importanza di un metodo di lavoro che possa essere condiviso per il futuro; a mio avviso ci deve essere un lavoro di squadra reale e non di pura forma, serve operare con chiarezza dei ruoli, delle responsabilità pubbliche e private e che ognuno svolga al meglio il proprio lavoro. I risultati arriveranno, forse non sempre, certo non facilmente, ma siamo terra del saper fare e se mettiamo in campo le competenze e la disponibilità di tante persone, il rispetto per il ruolo di ciascuno e la capacità di concretezza e di assunzione delle responsabilità, se sostituiamo al gusto del distinguo e di vedere sempre “l’altra faccia della medaglia” quel po’ di orgoglio e passione che sono sempre importanti per cogliere le sfide potremo guardare al futuro con maggiore fiducia e con qualche risultato in più. Speriamo di poterlo fare senza il bisogno che siano altri a imporci regole e scadenze.