Il valore strategico di una politica per la casa

Intervento di Marco Guerzoni - 25 ottobre 2012

I mutamenti della società, confermati anche dei primi dati del Censimento 2011, hanno introdotto nuovi e urgenti interrogativi. La popolazione di alcune aree del Paese sta crescendo (in particolare nelle aree metropolitane del nord). Cresce soprattutto per effetto della componente migrante di origine straniera, che ha agevolato l’ampliarsi del segmento più giovane del corpo demografico: in particolare giovani in età scolare e prescolare.
Ma insieme ai giovanissimi aumentano – nelle stesse aree – gli anziani e gli ultraottantenni, di origine quasi esclusivamente italiana. Una condizione questa allarmante per i conti pubblici, allorché un elevato indice di dipendenza atteso (rapporto tra giovani+anziani e popolazione in età lavorativa) significa maggiori spese per la somministrazione di servizi (asili, scuole, centri sociali, spese mediche, trasporto pubblico ecc.).
La componente della popolazione in età lavorativa, quella che produce crescita e ricchezza, e che in larga parte “paga” il carico di welfare, è sottoposta – almeno in questo frangente – ai maggiori rischi dovuti alla precarizzazione e alla crisi economica; con un bilancio familiare già al limite della capacità di carico.
Oggi, le spese per l’abitare (affitto/mutuo e solo riscaldamento) di queste famiglie rappresentano tra il 34% e il 48% della capacità totale di spesa.
Stato e Mercato non si sono mostrati, almeno fin qua, capaci di cogliere questi mutamenti e allestire interventi efficaci: l’ingente produzione di abitazioni per la vendita (e dunque il disinteresse per le politiche dell’affitto coerenti con la mobilità e i caratteri strutturali delle famiglie), il sostegno al sistema fluttuante dei mutui ipotecari, la rigidità dell’offerta, l’alto tenore dei prezzi, lo smantellamento delle politiche nazionali legate dell’Edilizia Pubblica, sono solo alcuni degli indicatori che certificano questa frattura.
Tuttavia il valore “strategico” delle politiche dell’abitare dovrebbe risiedere (anche) nella capacità di garantire un alleggerimento del carico di spesa a quel contingente attivo della popolazione, come i lavoratori del “ceto medio” che è, di fatto, il principale alimentatore del sistema di welfare: indebolire ulteriormente questo segmento della società significherebbe invece compromettere l’intero equilibrio sociale.
É facile così intendere come un’infrastruttura abitativa concepita non (solo) come assistenza ma come fattore strategico per lo sviluppo sia fondamentale per attrarre capitale e lavoro nelle città: per attrarre questi fattori è certamente necessario avere i “fondamentali in ordine” (l’industria, l’università, i servizi, ecc), ma è altrettanto certo che una città in cui la casa e il sistema dell’abitare sono “accessibili” – e perciò non rappresentano un impedimento – è un terreno più fertile per la crescita di lavoro, impresa, ricerca.
Questo è il terreno di confronto proposto dal n. 105 della rivista Archivio di Studi Urbani e Regionali (Franco Angeli ed.) che verrà presentata martedì 30 Ottobre all’Urban Center di Bologna.

 

Per ulteriori informazioni www.cittametropolitana.bo.it/pianificazione/Engine/RAServePG.php/P/355911020300/T/IL-VALORE-STRATEGICO-DI-UNA-POLITICA-PER-LA-CASA