L’idea di un Piano Strategico che produca una ‘visione’ per il prossimo decennio mi pare ottima; il percorso per arrivarci assai meno. Provo a spiegarmi. In campagna elettorale il Sindaco Merola mi sorprese positivamente parlando testualmente di ‘democrazia deliberativa’ (intervista a RDC). Che cos’è? Per chi non lo sapesse è una forma di partecipazione ‘esigente’ e di qualità frutto delle riflessioni di John Dewey, Jurgen Habermas e molti altri. Teoria per accademici? Nient’affatto: centinaia di processi partecipativi in tutto il mondo (Italia compresa, fra cui oltre 100 processi in Toscana grazie alla lr 69/07) ne hanno applicato i principi, con risultati promettenti. A costo di qualche semplificazione, la democrazia deliberativa consiste in processi partecipativi che vedono cittadini semplici, rappresentativi sotto il profilo socio-demografico (ad esempio per genere, età, area di residenza) della comunità nel suo insieme impegnati in dialoghi – strutturati con appositi metodi in modo da favorire l’ascolto reciproco – che mirano, dopo un’attenta e ragionata considerazione di informazioni, punti di vista, esperienze ed idee, a formulare opinioni ben ponderate (ovvero capaci di considerare i diversi possibili corsi d’azione e le loro rispettive implicazioni; ‘deliberare’ viene da libbra, bilancia) in merito a questioni rilevanti di natura pubblica.
Il percorso del PSM appare assai distante da questo modello; mi limito a quattro aspetti:
1) Inclusione: significa dare voce alla comunità (e anche ascoltarla); il PSM (cfr. Comitato Promotore, ‘Un senso al futuro’) afferma che il PSM ‘è il luogo in cui i cittadini sono chiamati a partecipare’, ma nell’elenco dei possibili ‘partecipanti’ che segue ci sono associazioni, imprese, fondazioni, soggetti pubblici, tutt’al più comitati; i cittadini in quanto tali non sono proprio previsti. Qualunque soggetto organizzato ha avuto la possibilità di iscriversi e intervenire; quale sia il grado di rappresentatività di questi soggetti non è dato sapere (nel sito si parla di oltre 900 soggetti iscritti, ma una lista nominativa non sono riuscito a trovarla). Inoltre: i soggetti che sembrano davvero contare ed esercitare influenza sul processo stesso sono i soliti noti: nel Comitato Promotore oltre alle Amministrazioni siedono Camera di Commercio, Ascom, CNA, Confcooperative, Legacoop, Unindustria; alla riunione del 18 luglio di ‘rilancio’ del PSM, se capisco bene, hanno preso parte gli stessi soggetti: soggetti importanti, certo, ma portatori di propri interessi e conseguenti posizioni ‘particolari’.
2) Dialogo: per ora almeno sembra del tutto assente; ogni soggetto esprime unilateralmente le proprie posizioni; non sembrano essere state create le condizioni atte a favorire la ricerca di condivisione; piuttosto sembra vi sia stata una lunga sequela di monologhi.
3) Empowerment/capacitazione: se si fa riferimento alla ‘scala della partecipazione’ (cfr. ad es. www.iap2.org) il processo di questo PSM sembra collocarsi ai gradini più bassi presentando i tratti tipici della mera consultazione; i partecipanti intervengono, presentando proposte anche tramite apposite schede; in questo modo l’Amministrazione raccoglie idee, ma non si è assunta alcun obbligo nei confronti di chi partecipa. E’ lecito aspettarsi che le proposte formulate andranno in molte direzioni diverse, anche opposte. Dunque si pone il problema della scelta (visto che non si è cercato efficacemente la condivisione): chi sceglie fra le diverse proposte? con quali criteri? e con quale trasparenza? D’altra parte e linee guida indicano già alcune priorità; dunque molto è già stato deciso?
4) Imparzialità: non vi è alcuna garanzia di imparzialità e neutralità del processo (il Comitato scientifico si occupa dei contenuti, non del processo).
Quello che si ricava dai materiali disponibili nel sito é un processo di consultazione, di stampo consociativo (che, si consideri, è proprio una delle cause della crescente disaffezione dei cittadini verso la politica), in cui il potere di decidere rimane saldamente nelle mani delle Amministrazioni e delle organizzazioni economiche (che alla fine decideranno insieme attraverso i soliti meccanismi di scambio e compromesso?).
Se questa analisi è corretta (e sarebbe cosa buona discuterne, pubblicamente), si tratterebbe solo di una promessa elettorale (finora) non mantenuta; e questo riguarda il Sindaco e i suoi elettori (fra cui il sottoscritto). Ma il problema di fondo è assai più serio: per politiche di lunga durata –-quale il PSM ambisce ad essere – servono processi capaci di generare legittimazione che vada oltre le specifiche e mutevoli maggioranze del momento. E allora la mia domanda è: un processo del genere è in grado di generare il consenso e il capitale sociale necessari rispetto a scelte efficaci e ‘robuste’, realmente condivise dalla comunità, che reggano alle bordate del tempo e delle vicende politiche? Sospetto di no.