L’amicizia che mi lega a Daniele Donati e la fiducia che nutro in tutte le forme di democrazia partecipativa mi obbligano al massimo della sincerità possibile. Con un accenno critico, rivolto più a noi partecipanti che ai responsabili della consultazione.
Qualche tempo fa, assieme a una giovane collega e a un bravissimo funzionario informatico dell’Università, abbiamo fatto parte di una commissione per l’attribuzione di un contratto annuale ad un giovane neolaureato che si occupasse di come elaborare i contenuti del sito Unibo a misura di social network. Nuove opportunità, nuovi strumenti, nuove tecnologie, nuovi linguaggi. In teoria. Benché i commissari fossero tutti e tre relativamente giovani, relativamente avvezzi all’uso del digitale (quanto può esserlo un non-nativo), relativamente “sportivi” e disinvolti, ci siamo resi conto che la maggior parte dei ragazzi aveva messo il pilota automatico e ci parlava esattamente come riteneva si debba parlare a delle persone che rappresentano la loro idea di “istituzione universitaria”: in maniera formale, sussiegosa, prudente, paludata.
Ecco, se devo esprimere una perplessità sull’atmosfera complessiva che si respira nei luoghi del PSM non posso che ricordare quell’esperienza. Per quanto la consultazione sia un’impresa innovativa, per quanto la persona incaricata di gestirlo sia tutt’altro che una figura della politica istituzionale, per quanto si tratti di una bellissima occasione per proporre idee e prospettive, con una qualche possibilità di vederle prese in considerazione, molti continuano ad esprimersi con un tono e un registro che appartengono assai più alla politica “canonica” che alla politica nuova che il PSM cerca di avviare. Il mondo è cambiato. Cambiati gli assetti geopolitici, cambiati gli equilibri, i modelli, gli stili di vita, le forme relazionali e di socializzazione. Le nuove non sono né migliori né peggiori. Sono diverse. Perciò le abitudini e gli schemi interpretativi invecchiano rapidissimi e ci lasciano disorientati. Dobbiamo sforzarci di usare parole più concrete, senza paura e senza prudenza.
Questa consultazione per il Piano Strategico Metropolitano ha fin qui proposto cose ottime e cose discutibili. E’ inevitabile che sia così, perché nessuno sa bene come si deve fare. Nessuno da queste parti le ha mai fatte. Dobbiamo essere tutti comprensivi gli uni con gli altri. Però, diciamoci la verità. C’è bisogno di alzare un po’ il livello di tensione e cominciare a raccontarci le cose come stanno, anche a rischio di produrre un po’ di conflittualità. Perché il conflitto di idee e punti di vista, quando è civile e rispettoso, è la base della dialettica democratica e politica. Ed è la linfa vitale di un processo partecipativo.